Itaca ed altre cose Viaggio verso il sud terza tappa

Il 29 aprile si scende ad Itaca, le spiagge sono splendide, Sarakiniko e Filiathro, la prima è deserta, c'è solo un pescatore che sta aggiustando la sua barca, la seconda è la spiaggia con gli ulivi che fanno ombra, e le ombre si distendono fino a raggiungere l'acqua cristallina man mano che il sole si sposta dietro la collina, siamo seduti poco lontano ad ammirare le piccole onde che accarezzano la terra, ed i sassi appoggiati lì, ci fermiamo a prendere il sole, che non brucia, semmai scalda il viso e le braccia, come una promessa. Lasciata la capitale ed il golfo che la circonda, si sale verso il monastero, il sacro Monastero di Katara, sul monte Niritos, il monastero dedicato alla madonna Katariotissa protettrice di Itaca, sfuggita alle fiamme come i pastori sfuggiti alla furia dei turchi invasori (qui è un tema ricorrente). La strada per raggiungere il monastero si affaccia su un panorama da togliere il fiato, il colore del mare si perde e si allontana con l'altezza raggiunta, ma non cambia la trasparenza, e la distanza rinnova il celeste ed il blu. Si scende dal monastero verso la caletta di Frikes luogo di ricordi e di nuotate, tranquillo e ruvido porticciolo, mentre Kioni è luogo più lucido e smaltato.  Tornando verso il porto dove abbiamo appuntamento per il traghetto di ritorno, incrociamo l'incanto degli ulivi, pensando alla casa di Ulisse, alle colline e alle terrazze che la circondavano, e che ospitano ancora oggi ulivi secolari, pensando a Pilos, al porto ove attraccò tornando dal suo infinito viaggio. O meglio ci piace pensare che lì attraccò, che quella spiaggia lo accolse e, che scendendo dalla zattera che lo aveva accompagnato per giorni abbia guardato la sua terra e abbia alzato gli occhi al cielo, che ben conosceva essendone figlio legittimo, ringraziandolo di un ritorno dovuto, ma forse non così desiderato. Chi guarda in basso lo vede ancora, e se lo cerca bene può incrociare i suoi occhi. Anche su quel lembo di terra gli ulivi delle spiagge sono magnifiche sentinelle di un tempo andato, ma sempre presente per chi ama questi luoghi, ed ama i sogni che qui possono nascere. Il giorno dopo ci si affaccia ad Argostoli per incrociare le magnifiche ed antiche tartarughe del porto, venute a fare colazione insieme ai pescatori, si prosegue per le spiagge di Xi, dove la sabbia è rossa e accesa di sole per tutta la mattinata, e Batsa dove ci sediamo sotto un tetto di canne intrecciato, pieno di rondini che vi si appoggiano tranquille, mentre gli avventori della locanda mangiano alici fritte ed insalata greca. Al ritorno incrociamo un gruppo di oche grigie, accanto le ginestre fiorite. Il giorno dopo a Pethanoi, la spiaggia si ammira dall'alto, è anche difficile scendere, ma alla fine, in basso, ci sono rocce bianche che proteggono le barche dei pescatori, e discese a mare, strumenti che le aiutano in realtà a risalire sulla terra quando il mare è scosso dai fumi della cattiva stagione. Spostando lo sguardo si osserva la vecchia casa di un pescatore, al piano terra il riparo per la barca, al primo piano un giardino pensile pieno di viti, non le piccole viti delle campagne attorno e della strada, ma braccia lunghe e verdi che coprono il pianerottolo e restituiscono ombra alla sosta. Il giorno dopo è il primo maggio, abbiamo deciso di trascorrere la giornata ad Atheras, ma prima si va ad acquistare miele presso una casa nascosta fra i monti, fra piante di agrumi ed ulivi, in alto sullo stipite della porta di casa la croce scura della Pasqua appena passata, una croce segnata dal fumo di una candela che porta la luce, una luce raccolta a Gerusalemme. Accanto alla croce, poco più in basso, un bouquet di fiori di campo, pieni della nuova stagione, pieni di colori e profumi che ricordano l'altro aspetto della Pasqua, la possibilità di ricominciare. Si riparte per la spiaggia di Atheras, all'andata incrociamo un caprone nero dalle corna spettacolari, aggrovigliate e superbe. Si scende poi sulla spiaggia, ma il tempo è veramente inclemente, piove a dirotto, e ci si rifugia sotto il tetto della taverna, è freddo e si mangia chiusi nei teli estivi stretti sulle spalle, Giove Pluvio non perdona i peccati degli uomini presuntuosi, e manda la pioggia per bagnare le nostre polveri, e ricordarci che la luce non è una nostra conquista, ma un suo degno presente. Tornando a casa sotto la pioggia incrociamo un gruppetto di capre scure che si sono riparate sulle rocce bianche, appese, disegnate sulla roccia, dice Valeria come graffiti, siamo incantati, loro ci guardano restando in equilibrio con la testa voltata verso di noi, incuriosite. Il due di maggio si riparte ce ne andiamo a Fiskardo per prendere il traghetto che ci condurrà a Nidri e poi sul continente, torniamo in Italia. Il porto di Fiskardo è piccolo ed accogliente, si fa colazione con pollo freddo ed orata altrettanto fredda, in attesa di partire, seduti sulle rocce, nell'acqua piccoli pesci si avvicinano agli scogli, un gallo canta in lontananza, un profumo dolce sospeso sopra la nostra testa, la poseidonia ondeggia verde sotto il pelo dell'acqua.
La Grecia è un mondo a parte, un luogo legato ad eventi antichi, descritti nei marmi, sulle pietre, sotto le sabbie, i frammenti di questi eventi sono ovunque, le impronte sono nei cespugli, sono lungo i dirupi, dentro le cassette delle api, sotto i mantelli colorati delle capre, e sotto le rocce che appaiono nell'acqua trasparente, sulla pancia delle tartarughe e dietro le croci scure di fumo ed i mazzi di fiori posti lì accanto. Camminando per le strade della Grecia ci si accorge che il vuoto è fatto di cespugli, di bottoni verdi, di rocce chiare, di discese veloci e di salite ripide, di cassettine celesti, il vuoto, oltre il guardrail, è il celeste ed il verde dell'acqua del mare, quello più vicino alla costa e quello più lontano, e ad ogni tornante cambia il paesaggio, sorgono cipressi e ginestre, e sotto ci sono le capre a riposo, sedute. Il guardrail non rappresenta il confine del territorio, non pone limiti, perché non è previsto il limite in questi luoghi, da sempre, perché ogni luogo è legato a quello accanto e la strada non li divide. E quando ci si ferma si possono raccogliere briciole di felicità, quando mangiare è mangiare pollo freddo in riva ad uno specchio d'acqua, al porto di Fiskardo con i pesciolini in attesa, le mani sporche da pulire nell'acqua di mare, ed un gallo che canta lì vicino, mentre gli uomini guardano le barche a vela parcheggiate poco più in là, e ci aspettano per tornare a casa. Sappiamo che ci mancheranno quel vuoto e quelle spiagge piene di ulivi, e tutti i sassi gettati e caduti, e quelli che si sono fermati sulla strada a ricordarci che anche noi apparteniamo oramai alle loro storie.                   

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